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La natività di Ugolino di Prete Ilario
di Cristina Trequattrini (pubblicato su Tuttorvieto Magazine, dicembre 2015/gennaio 2016)
Nell’antichità durante il periodo tra dicembre e gennaio, proprio quando il periodo buio è il più lungo, si festeggiava la rinascita del sole, fonte di luce e vita. Per noi cattolici la luce è Gesù, che rompe le tenebre della grotta e del peccato dell’uomo con il suo “NATALE”.
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Ad Orvieto c’è un presepe che accompagna ognuno di noi, tutti i giorni dell’anno; si apre dinanzi ai nostri occhi in un luogo poco accessibile ai fedeli, ma pur sempre di grande rilievo: è dipinto ad affresco sulla parete nord della Tribuna del Duomo di Orvieto, nel secondo registro decorativo e si articola in quattro scene facenti parte della rappresentazione della vita di Maria. È ovvio, infatti, che in una cattedrale dedicata a Santa Maria della Stella, alla Madonna sia stato riservato un posto d’onore. La vita di Maria è narrata dai Vangeli apocrifi, quegli scritti che pur banditi dal canone della Bibbia forniscono informazioni su di lei e sull’infanzia di Gesù. I quattro riquadri della composizione pittorica, definiti da Roberto Longhi “arazzi ante litteram”, rappresentano il primo da sinistra la nascita di Gesù alla sola presenza di Maria e Giuseppe, il secondo la visita dei pastori, il terzo l’arrivo dei Magi e l’offerta dei doni ed il quarto l’adorazione degli stessi di fronte a Gesù bambino. Il ciclo pittorico fu affidato a Ugolino di Prete Ilario, artista orvietano la cui formazione il Vasari colloca nella bottega dei senesi Pietro e Ambrogio Lorenzetti, attivi nella prima metà del Trecento: abile pittore e mosaicista, la narrazione di Ugolino è ricca di particolari descrittivi e risente dell’influenza della pittura senese, dello stile compositivo dei fratelli Lorenzetti e del loro modo di rappresentare scenograficamente gli edifici urbani. Dopo una prima fase artistica come mosaicista della facciata del Duomo, negli anni 1357-64 si dedicò ad affrescare la Cappella del Corporale. Nel 1370 fu cominciata la decorazione della Tribuna e lui ne ottenne l’incarico, lavorandovi da solo per ciò che concerne le storie mariane ed affidando agli allievi altri dettagli decorativi. Divenne così caposcuola di un gruppo di artisti locali tra i quali Piero di Puccio, Cola Petruccioli e Andrea di Giovanni che, come afferma Corrado Fratini, «ebbero il merito di diffondere in una larga zona dell’Italia centrale il linguaggio orvietano». I lavori terminarono nel 1384, forse a causa della sua morte.
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