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19 h ·

TUTTI SCRIVONO LETTERE DI AUGURI E BUONE FESTE….IO HO SCRITTO QUESTA LETTERA A TUTTI VOI IN MODO PARTICOLARE E’ RIVOLTA A DELLE PERSONE CHE CERCANO UNA CERTA VERITA’…..sul luogo piu’ sacro del popolo etrusco…… buona lettura
foto1:chiesa di San Giovanni Battista ubicata sulle rive del lago di Bolsena,ipotetico luogo dove una volta vi era il tempio di Voltumno,comune di San Lorenzo Nuovo;foto 2 il fanum di Orvieto; foto 3 il lago sacro di Bolsena; foto 4 Bolsena oggi una volta in quel luogo c’era Velzna e sede del tempio di Voltumna (Norzia)

LA SCELTA DEL LUOGO SACRO DEGLI ETRUSCHI:
1) IL LAGO SACRO DI BOLSENA E LE SUE NUMEROSE IEROFANIE;
2) IL RITO SACRO DEL CLAUS ANNALIS A VOLSINI;
3) LA CARENZA DI ACQUA A ORVIETO AL SUO…..FANUM;
4) IL FANUM A BOLSENA E LA RICCHEZZA DI ACQUA;

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Partendo da una considerazione, gli ultimi emigranti sbarcati sulle coste tirreniche, avevano dentro di sé il motivo valido non solo cercare qualcosa di nuovo ma per rimanerci. Proprio per questo nasce la ricerca legata a che tipo di persone erano sbarcate sulle coste tirreniche, esattamente nel periodo pre-etrusco,vale a dire XI-X-IX secolo a.c. Sicuramente in precedenza c’erano state altre ondate, dal IV millennio in poi. La nascita della civiltà Etrusca combacia precisamente con una struttura organizzativa ben precisa, persone sapevano che cosa fare. Tra la fine dell’età del bronzo, dell’età del ferro,ai villanoviani al primo periodo orientalizzante etrusco siamo intorno all’VIII secolo a.C.,c’è stato un salto di qualità non solo riferito alla metallurgia ma al sistema di come organizzare un popolo,con esso c’è stato anche un concetto nuovo sulla religione, del suo valore in sintonia con la vita delle persone. La religione in Etruria diventa il volano di interpretazione del cosmo, della vita terrena e del mondo sotterraneo. Con la religione etrusca nascono i primi luoghi sacri dai quali vengono eretti delle strutture templari, molti vanno a occupare già preesistenti siti religiosi o aree ritenute sacre già dall’uomo dell’età eneolitica (III millennio). Sono passati molti secoli, non solo è stato un trascorrere del tempo, ma l’arrivo e lo stanziamento diversi gruppi e persone e la fusione con gli abitanti preesistenti aumentano le conoscenze nel campo agricolo, quelle relative alla produzione e allevamento degli animali. In questo arco di tempo si sono gettate le basi per far nascere in Etruria una nuova civiltà quella Etrusca.

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Gli artefici di tutto questo non sono stati altro quel gruppo di migranti (Pelasgi), i quali tra di loro c’erano, una nutrita classe sacerdotale, soprattutto un elitè che sapeva il nome dei minerali, dove trovarli, le tecniche di fusione e di lavorazione. La stessa cosa vale a dire a tutte quelle opere murarie, necessarie per edificare ponti, città, impianti idraulici, muri difensivi , strade, in poche parole di trattava di mettere in piedi una nuova civiltà. L’interrogativo si pone immediatamente è il seguente: la scelta, l’individuazione del luogo sacro, il Fanum Voltumnae, la sua individuazione come è nata? Sicuramente c’è stata una valutazione, la classe sacerdotale o comunque parte di essa era a conoscenza di questo luogo, delle su caratteristiche geo-morfologiche, idriche, la qualità del terreno fertile, il clima prima di costruire una civiltà. Anzi la civiltà Etrusca nasce in contemporanea con la individuazione del suo luogo più sacro, senza di esso nulla si può creare. Questa elaborazione si intravede molto bene nelle righe del ricercatore rumeno, Antropologo,Studioso della Storia delle Religioni Mircea Elliade. I diversi libri, pubblicazioni, saggi, ecc. quello che mi ha colpito è stato “Storia delle Religioni”, un interessante panorama sulla storia di questo pensiero filosofico che ha permeato tutte le civiltà del pianeta, ogni popolo aveva la sua religione, i suoi riti,le sue cerimonie e feste, le sue tradizioni religiose e sacre. Leggendo attentamente questo interessantissimo volume, quando si arriva al paragrafo che tratta la individuazione di uno spazio sacro delle antiche civiltà. Tutte le volte,come se fosse un metodo universale, interviene a definire un luogo o spazio sacro, la ricerca è l’individuazione, vale a dire già esiste tutto stà a cercarlo. Bene M. Elliade dice: “….In realtà il luogo non è mai “SCELTO”dall’uomo, è soltanto “SCOPERTO”, in altre parole,lo spazio sacro SI RIVELA a lui in un modo o nell’altro…”. Questo piccolo esempio apre una grande interpretazione, lo spazio sacro si rivela, vale a dire esiste, spesse volte è la dimora di divinità o ci sono elementi tali che sono proiezioni di divinità. Un paragone molto evidente ne viene fuori da certe aree vulcaniche e con fenomeni particolari. Conformazioni geologiche del territorio, strutture solide, pietre con delineazioni particolari tali da essere definite opera di divinità.

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Territori con evidenti fratture telluriche, fuoriuscita di vapori caldi, zolforosi, fumarole, vulcani più o meno grandi, ecc. In sintesi per gli Etruschi, il luogo sacro per eccellenza doveva essere uno spazio non creato dall’uomo, ma solamente individuato. In tanti trattati quando si parlava del Famun Voltumnae, si diceva doveva essere uno spazio “neutro”, un’area dove nessuna delle dodici città etrusche poteva o doveva essere predominante. Questo concetto, dei primi del novecento, in realtà voleva sottolineare, non doveva subire nessun peso da parte di una delle 12 città stato etrusche. In base alle ultime ricerche, condotte da diversi anni da molti studiosi, ricercatori a vario titolo, è maturato un nuovo pensiero, che per neutro, il significato si trasforma un “unico”. Vale a dire, non uguale, ma nello stesso tempo, inamovibile, perché è unico e nello stesso tempo è sacro per volonta’ divina e perché altri lo hanno stabilito. Questo concetto pone il problema del metodo di ricerca del Fanum Voltumnae su un piano diverso,soprattutto su un livello ricerca nuovo. Discipline diverse,si devono coinvolgere,non solo l’archeologia, ma la geologia, storia delle religioni, l’antropologia, la lingua e la scrittura etrusca, discipline scientifiche che non possono stare più ai margini di qualcuno.

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Perché fino ad oggi i risultati in tanti anni di studi e ricerca, quel poco che c’è stati ha prodotto un grande coro…. “ il Fanum Voltumnae è ad Orvieto….” e poi niente altro, al di fuori di materiale ceramico,architettonico, che si potrebbe trovare, forse più interessante, in qualsiasi posto dell’Etruria. La metodica di ricerca applicata in Orvieto si può dire superata, non può essere monodisciplinare, anzi in base ai risultati ottenuti si può dire superata? Si la metodica è superata,perché è risultata una ricerca affannata di alcuni archeologi di trovare, il Fanum Voltumnae in Orvieto, a tutti i costi, senza un criterio scientifico, che nel giro circa 20 anni di scavo con tutti i mezzi,organizzativi, logistici, economici, coinvolgendo Università, Enti sia pubblici che privati, ha prodotto un buco nell’acqua. Non c’è nessuna certezza, siamo ad un binario morto,sulla individuazione ad Orvieto, il luogo del fanum voltumnae, dove oramai non se ne esce fuori. Il danno creato è doppio, perché ancora si insiste su una storia che Orvieto non ha mai avuto, e dall’altra si è distrutta la vera storia etrusca di Bolsena e del suo territorio. Questo lo dimostrano le reazioni di tutti quelli al primo dubbio dello loro ipotesi innalzano nel cielo scudi e lanciano anatemi di qualsiasi tipo. Invece un clima sereno, come dovrebbe essere, tra opinioni diverse,tesi e ipotesi si confrontano, si valutano e si riscrivono senza paura. Invece si assiste, evitare confronti, divulgare, ciò che non può mettere in forte discussione l’ipotesi orvietana e nello stesso tempo creare una sorta di storia parallela tale da coprire e scardinare quella vera. Esempio il facile cambiamento delle datazioni dei reperti e altre strutture. Esempio le mura difensive etrusche di Bolsena, così chiamate dagli archeologi che hanno gli scavi, però sono del III-II-I secolo a.C. quindi non sono etrusche ma costruite dai romani…. Riscrivere in continuazione la storia degli altri territori circostanti vedi le scoperte nei comuni di Castelgiorgio (la grande necropoli del Lauscello datata III-II secolo a.C.),oppure nel comune di San Lorenzo Nuovo (il grande tempio etrusco con circa 2000 anni di storia fatto passare tempio ellenistico-romano legato alla storia di Orvieto e poi a quella di Volsini). Quello di ridatare tutto in base alla storia dei superstiti di Orvieto,crea in continuazione sempre più confusione, forse mettendo sempre tutto in discussione si crea altra confusione storica, una torbida storicità così le loro incertezze orvietane…, passano meglio fino a diventare certezze.

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Ma tornando all’argomento sopra accennato, sicuramente più interessante, una delle aree prese in considerazione dai popoli, chiamati, del mare,furono, le coste tirreniche. Territorio tipicamente vulcanico e ricco di miniere, rame, ferro, ed allume. Oltre a questo aspetto importante la ricchezza di corsi d’acqua, medio, grandi, torrenti, sorgenti e laghi vulcanici di varia grandezza e di tipo alluvionale (Trasimeno). Ora si prendono in considerazione tutti quei riti e rituali, aree sacre o edifici di culto, tutti avevano con stretto legame con l’acqua. La scelta del luogo sacro come si diceva,soprattutto riferito alla individuazione, di uno spazio,di un’area al di fuori del comune Vale a dire individuare un “unicum”nel territorio etrusco, già potenzialmente sacro nel suo insieme. Quel luogo, si deve staccare perfettamente da uno spazio “NORMALE”, e assumere la definizione di “SACRO”. La demarcazione, il distinguo è dato da una serie di “diversità” ancorate nel territorio, non sono altro quei fenomeni racchiusi nella sfera del soprannaturale e del divino. La centralità del Lago di Bolsena, la sua ubicazione,così centrale rispetto ai territori, dove erano nel periodo etrusco le aree,Bologna e Capua sul fiume Volturno, capitali delle loro rispettive dodecapoli (Nord e Sud dell’Etruria). L’individuazione di questa area sacra, la pone al centro,al cuore dell’Etruria. Questa duplice valenza pone il lago di Bolsena, come spazio candidato a divenire “Fanum Voltumnae” del popolo Etrusco. Considerazioni appropriate emergono da una serie di studi elaborati, in periodi diversi, su tematiche che insieme creano un unico comune denominatore, “il lago di Bolsena, è un grande lago sacro”. Come in realtà lo erano laghi molti più piccoli e di origine non vulcanica, Lago del Fucino, lago degli Idoli,i diversi laghi Sabini, o di origine vulcanica Lago di Nemi, i laghi della zona del Vulture,non da meno il lago alluvionale del Trasimeno, ecc. Esempi c’è ne sono, solo è una strana circostanza, il lago di Bolsena non viene considerato sacro. Tra le varie scoperte condotte dall’Ing. Geologo, Archeo-Sub, Alessandro Fioravanti, negli anni sessanta portò la scoperta di un villaggio palafitticolo pre-Etrusco,ceramiche antiche del periodo della civiltà del Rame (IV millennio), e le “aiuole”. Grandi tumuli di roccia vulcanica, erette intorno a delle sorgenti di acqua calda con temperature anche di 40° ed oltre. Queste costruzioni, sono un primo esempio, anche scientifico che archeologico, tumuli costruzioni particolari, piattaforme artificiali di grandi dimensioni, forme ellittiche, (la più grande misura 80 per 60 metri, alta ben 5 metri), ne scoprì ben quattro,tutte realizzati ai bordi del Lago di Bolsena, prima che le acque le sommersero intorno all’età del ferro X-IX sec. a.c.). Questa scoperta, pone una semplice domanda, perché furono realizzate queste imponenti strutture, proprio intorno alle sorgenti? Queste opere datate periodo fine Rinaldoniano (età del Rame), se non erano strutture riferite a qualche intervento strutturale, architettonico, di contenimento, rimane solamente un altro motivo quello sacro. Adorare, venerare, con riti il culto dell’acqua, realizzando una struttura, una piattaforma a forma ellittica tipo altare su cui svolgere cerimonie (una probabile ipotesi). Quindi uno dei primi messaggi sacri che popoli antichi ci hanno lasciato sono in realtà queste “aiole o aiuole”. Seconda peculiare osservazione, le acque sono di temperatura calda fino a 40°, anche questo particolare aggiunge una valenza sacra in più. Sulla stessa linea di interpretazione sacra di determinati altri fenomeni ubicati dentro il cratere Vulsineo ,erano i vapori caldi. Esistevano diversi fenomeni di fuoriuscita, nei piccoli coni distribuiti all’interno e fuori dell’apparato vulcanico, dove oltre l’acqua calda usciva del vapore caldo. C’erano anche delle particolari conformazioni di lava, una volta raffreddate, disegnavano forma geometrica “unica”, tali da ritenerle sacre. Come, vicino Bolsena in località chiamata “ Pietre Lanciate”, dove sopra c’è un edificio sacro etrusco, oppure il tempio etrusco del monte Landro nel comune di San Lorenzo Nuovo, dove dentro il recinto sacro c’è il famoso “ornitos”. La stessa considerazione sono le “fumarole”, deboli effusioni di aria calda fuori uscivano da fratture vulcaniche o nei coni vulcanici. Esempi due edifici sacri costruiti un a Turona,vicino Bolsena e l’altro sulla vetta del monte Landro(vedi l’interessante studio geologico di Primo Moderni sul vulcano Vulsineo).

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Le zone vulcaniche, ricche di fenomeni di diverso tipo, sono state sempre luoghi sacri in tutte le civiltà del mondo, in modo particolare l’area mediterranea. Perché qui in Etruria questo secondo alcuni archeologi, questa sacralità non doveva esserci,soprattutto in riferimento al lago di Bolsena? Il cratere vulcanico del lago di Bolsena presenta una serie infinita di manifestazioni che oggi tutti gli studiosi di storia delle religioni chiamano “ierofanie” tradotte: manifestazioni del sacro e dei fenomeni divini*dal vocabolario Aldo Gabrielli -Hoephli 2008-, dal greco “iero” significato ‘sacro,divino’. Se esistono ancora tali fenomeni sacri il lago di Bolsena veramente per il popolo Etrusco era la sede del luogo più sacro in assoluto.

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IL CULTO DEL CLUVUS ANNALIS A BOLSENA E LA CARENZA DI ACQUA A ORVIETO
Quindi ho assistito a convegni,iniziative, dibattiti, ho letto libri, scritti di vario tipo, tutti rimarcavano la individuazione in Orvieto in luogo la sede sacra del Fanum Voltumnae. Ho letto ugualmente ed assistito a convegni iniziative rimarcavano il pensiero opposto rispetto alla tesi orvietana. Una prima sottolineatura che ne viene fuori, è la metodica di ricerca, vale a dire l’assenza totale, nella valutazione orvietana, del concetto, di sacro nel mondo etrusco. La valutazione, si può paragonare, agli albori dell’archeologia (1820), senza tener conto delle specializzazioni scientifiche che sono cresciute intorno allo studio delle antiche civiltà. Specializzazioni che nel secolo precedente hanno contribuito allo studio più preciso e profondo sulle civiltà antiche. Il gruppo di archeologi che sostenevano la ipotesi del luogo sacro in Orvieto, erano così sicuri, che qualsiasi manufatto (terrecotte,frammenti di statue,frammenti di ceramiche, di qualsiasi epoca, etrusca, etrusco-romana, e romana) che si trovava nei scavi orvietani si collegava immediatamente al Fanum Voltumnae. Però questo comportamento delineava una grande insicurezza, e nello stesso tempo una carenza di spessore scientifico. Con il passar degli anni oramai, quel sito archeologico di più di quello che ha dato non può dare, ci si è resi conto, quel che cercavano non esiste. Perché al termine di ogni scavo annuale, c’era una sorte di enunciazione, abbiamo trovato, il primo,secondo, terzo, quarto tempio,una scritta,la testa di voltumna, ecc. erano informazioni non tanto scientifiche, ma erano solo delle enunciazioni, definirsi “accorate” è il termine più consono. Questo comportamento delinea una chiara ed evidente difficoltà. Quella con il passare degli anni si sono resi conto, forse hanno trascurato qualcosa nella loro valutazione che quel luogo era stato veramente il luogo sacro del popolo Etrusco? Perché ogni anno tolti i primi due, ogni fine campagna scavi, la frase corrente era “abbiamo fatto delle importanti scoperte, qui è il fanum,però aspettiamo trovare delle prove che diamo la certezza…” La sintesi era che ogni anno dovevano trovare questa certezza. Ora quale è questa certezza, che tipo di scoperta nasconde questa certezza? Ora la domanda, che certezza si deve trovare in Orvieto? Forse una scritta, un frammento di una stele, un frammento sacro di voltumnna? Comunque è una ulteriore prova della fragilità della ipotesi orvietana. Sicuramente a Orvieto non esiste questa “prova-certezza”, anche non sapendo cosa cercare e che cosa potrebbe essere questa prova-certezza, è molto più facile che non esista. Allora da qualche anno si assiste, a una serie di pubblicazioni su riviste specializzate, o in convegni, o pubblicando libri, ad una forma declassamento storico , relativo a tutto il territorio circostante di Orvieto, in particolar modo a Bolsena,il lago ed il suo territorio. Vale a dire, dare meno importanza alle scoperte archeologiche e collegare tutto sulle dipendenze orvietane. Cioè costruire una storia parallela a quella vera, creare confusione, intorbidire l’acqua in modo che la verità storica non si vede. Allora, si innalza un muro protettivo, quelli studiosi, archeologi,epigrafisti, studiosi delle lingue antiche, ecc. anche se nutrono dubbi sulla tesi orvietana, si deve calare silenzio, e coprire tutto con un velo.

ORVIETO

Nel 1904 l’archeologo Ettore Gabrici, in località Pozzarello, scopre un tempio Etrusco, su un’area di 1700 metri quadrati, di una certa importanza, il tempio dedicato alla dea Norzia. Scrittori storici latini, la descrivono una divinità molto venerata dal popolo etrusco. Una considerazione solo a Roma, siamo nel pieno periodo etrusco, il re Servio Tullio,né fece edificare bel 26 templi di cui 2 dedicati a Fors Fortunae, dove con celebrazioni solenni veniva onorata il 24 di giugno ( SOLSTIZIO D’ESTATE ), siamo nel VI secolo a.c.. Norzia, nome oramai romanizzato, ma che nel periodo etrusco “Urzi”, scritta riportata sulle mura etrusche di Bolsena (R. Bloch archeologo francese le classificò periodo arcaico).Però dal tipo di lettere e segni sulle mura sono etrusche di Bolsena, sono classificate anche un VI secolo, a discapito purtroppo di chi l’ha classificate II-I secolo a.c. Ritornando alla divinità Northia anche dea del fato, della fortuna, della fertilità della terra, dei prodotti, divinità lunare, fortemente legata la culto dell’acqua. I simboli sono la cornucopia, la falce lunare, il timone. Simboli che ritroviamo spesso in tutti i luoghi dove questa divinità veniva onorata. La valenza oltre al forte legame con il culto lunare, ma l’acqua nel suo aspetto più sacro e rappresentativo del termine. Era venerata anche a Capodimonte –lago di Bolsena, con iscrizione sacra Minerva Nortia (AE1962, 152) dea della Fortuna (AE 1980, 428), sempre nel viterbese Ferento, Tacito scrive che …Ferentum aveva due templi quello della Fortuna e della Salute, un altro tempio di Norzia lo troviamo a Sutri. Quello di Bolsena aveva una grande peculiarità, forse unica in tutta l’Etruria, quello da battere il chiodo, battere il tempo, un rito antichissimo e particolare, perché fortemente legato ad una circostanza sacrale. Nel tempio Norzia, in Bolsena,veniva svolto questo importante rito, quello del “clavus annalis”, rituale sacro legato alla stesura del calendario agrario e sacro. Questo rito etrusco merita una ricerca, storico-archelogica e direi anche antropologica-religiosa. Anziché scavare…..sotto terra…bisognerebbe scavare….e capire cosa cammina sopra la terra. Dato che parliamo della ricerca in uno dei più antichi luoghi sacri della nostra penisola. Un’altra osservazione: a Orvieto non si parla mai,forse si comprende il perché (non esiste abbondanza), il rapporto tra luogo sacro “fanum voltumnae” e l’acqua. Bene questa risorsa, importantissima, con il suo fascino di sacralità in tutto il mondo antico, sfugge nella ricerca dei sostenitori della tesi orvietana e la sua importanza nel luogo del Fanum Voltumnae. Strano, eppure un elemento così importante e forse anche fondamentale viene totalmente ignorato.

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Facciamo delle considerazioni più funzionali rapportate al sacro e all’acqua. Come è certo nel luogo del Fanum si svolgevano riti e cerimonie, era terra di incontri fra i vari popoli etruschi. Oltre a questo aspetto c’era anche lo scambio di merci, il mercato, che è in appendice di riti e feste sacre. Quindi si deduce che il luogo doveva essere ricco di acqua anche potabile. I giorni dedicati ai festeggiamenti nel Fanum erano diversi e legati al ciclo delle stagioni, dei solstizi e degli equinozi e in quei momenti e per diversi giorni arrivavano migliaia e migliaia di persone e con loro molti animali, quasi lo stesso numero, una grande parte destinata come baratto, era una forma di scambio, prima della diffusione della moneta. Con questo voglio sottolineare doveva essere un posto ricchissimo di acqua. Gli animali più grandi (tori, mucche, cavalli, asini, ecc) bevono di media al giorno 50 litri, parliamo di migliaia di capi. Senza contare, il fabbisogno idrico di altri animali come pecore, capre, maiali, ecc., con questo si sommano le esigenze di pulizia degli animali stessi, altro uso di acqua, infine le esigenze di acqua, per bere e per lavarsi delle migliaia di persone che erano presenti alle feste al Fanum. Orvieto non ha queste peculiarità, l’unico posto rimane il lago di Bolsena, con diversi chilometri di spiaggia dove c’era spazio far abbeverare e lavare gli animali. Sono una parte delle osservazioni che ti portano ad una riflessione:il fanum voltumnae era veramente ad Orvieto? Oppure da un’altra parte, ovvero nel territorio del comune di San Lorenzo Nuovo esattamente dove oggi si trova la chiesa di San Giovanni in Val di Lago? Chiesa costruita sopra un tempio pagano, sicuramente dedicato a una divinità, Vortumno, il famoso Dio Etrusco chiamato “proteiforme” da Propezio. Proprio questo termine associa la divinità Etrusca al cambiamento delle stazioni, alla maturazione dei frutti, soprattutto ad una importante figura sacra del mondo antico “giano”. Giano bifronte quello che molti scrittori antichi ci riportano, imparò agli etruschi a coltivare la vite e far il vino. Il paredro di Voltumna che ugualmente gli antichi scrittori la identificano nella Norzia etrusca, quella dea legata alla fertilità della terra e al suo maggiore prodotto il grano. Elementi e termini che sempre un “filo” ricco di logica lega tutti come:stagioni, equinozi,solstizi, frutti e prodotti della terra; 24 giugno festa di San Giovanni, periodo del solstizio estivo, inizio della raccolta del grano, festa del sole; equinozio di primavera inizio e risveglio della natura e festa legata all’acqua e alla fertilità della terra(Norzia-Voltumna);24 giugno festa di San Giovanni, ma anche solstizio estivo; inizio della raccolta del grano e festa del popolo etrusco, matrimonio tra il sole (vertumno) e la luna (voltumna); la più importante festa del popolo etrusco; infine con l’equinozio di autunno festa della raccolta dell’uva, festa dedicata a Vertumno e fine della raccolta dei maggiori prodotti della terra e inizio del suo riposo. Con queste considerazioni si aggiunge oggi le maggiori feste ricadenti sul lago le ritroviamo di nuovo in chiave cristiana e sono tutte legate ai motivi sacri pagani e sono La Barabbata di Marta, La fiera di San Giovanni una volta, fino ai primi del 1800 si svolgeva sulla rive del lago di Bolsena (comune di San Lorenzo Nuovo) esattamente nel grande piazzale una volta preesistente intorno la chiesa e durava 3 giorni periodo del solstizio(21-24 giugno) e la festa di Santa Cristina a Bolsena. Tutti elementi che se analizzati senza i dovuti “preconcetti-ovietani”, ci portano almeno a una riflessione logica come mai sono presenti questi circostanze antropologiche e religiose?9606825